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Urbanistica ed edilizia

Oplab Quesiti

  1. Urbanistica - Piano regolatore e regolamento edilizio
  2. Urbanistica - Rapporti con l’Ente
  3. Urbanistica - Espropriazione per pubblica utilità
  4. Edilizia - Limiti allo jus aedificandi
  5. Edilizia - Edilizia residenziale pubblica
  6. Edilizia - Sicurezza


  1. Urbanistica - Piano regolatore e regolamento edilizio
    Classificazione delle strade comunali e provinciali
    L. r. Piemonte 21 Novembre 1996 n. 86, Norme per la classificazione delle strade provinciali, comunali e vicinali  di uso pubblico. Delega alle Province ed ai Comuni. In particolare la classificazione e la declassificazione di strade provinciali e comunali esistenti e di nuova costruzione, assegnate alle regioni a norma dell’art. 2, co. 8 e 9, d. lgs. 30 aprile 1992 n. 285, Nuovo codice della strada, sono delegate rispettivamente a province e comuni. Occorre tenere presente che ai fini della norma in esame le strade vicinali di uso pubblico sono assimilate alle strade comunali e che nell’ipotesi di provvedimenti di classificazione e di declassificazione di strade provinciali e comunali di interesse di più enti delegati questi sono adottati previa intesa tra gli stessi enti. Qualora province e comuni non addivenissero ad un’intesa il Presidente della Giunta Regionale, anche su richiesta di uno degli interessati assegnerà un termine di sessanta giorni entro il quale gli enti interessati dovranno provvedere. Trascorso inutilmente tale termine alla classificazione provvederà direttamente la Regione. La l. r. Piemonte 15 marzo 2001 n. 5, in materia di  conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli Enti pubblici , ribadisce il trasferimento alle Province delle funzioni di «classificazione e declassificazione amministrativa delle strade provinciali in attuazione della l. r. 21 Novembre 1996 n. 86».

    Altezza minima delle costruzioni

    D.M. Sanità, 5 luglio 1975, Modificazioni alle istruzioni ministeriali 20 giugno 1896, relativamente all’altezza minima ed ai requisiti igienico-sanitari principali dei locali di abitazione. L’art. 1, co. 1, prevede che «l’altezza minima interna utile dei locali adibiti ad abitazione è fissata in m 2,70 riducibili a m 2,40 per i corridoi, i disimpegni in genere, i bagni, i gabinetti ed i ripostigli». La stessa disposizione prevede poi al co. 2 che «Nei comuni montani al di sopra dei m 1000 sul livello del mare può essere consentita, tenuto conto delle condizioni climatiche locali e della locale tipologia edilizia, una riduzione dell’altezza minima dei locali abitabili a m 2,55». Infine l’art. 1, co. 3, introdotto dal d.m. 9 Giugno 1999, dispone che «Le altezze minime previste nel primo e secondo comma possono essere derogate entro i limiti già esistenti e documentati per i locali di abitazione di edifici situati in ambito di comunità montane sottoposti ad interventi di recupero edilizio e di miglioramento delle caratteristiche igienico sanitarie quando l’edificio presenti caratteristiche tipologiche specifiche del luogo meritevoli di conservazione ed a condizione che la richiesta di deroga sia accompagnata da un progetto di ristrutturazione con soluzioni alternative atte a garantire, comunque, in relazione al numero degli occupanti, idonee condizioni igienico-sanitarie dell’alloggio, ottenibili prevedendo una maggiore superficie dell’alloggio e dei vani abitabili ovvero la possibilità di una adeguata ventilazione naturale favorita dalla dimensione e tipologia delle finestre, dai riscontri d’aria trasversali e dall’impiego di mezzi di ventilazione naturale ausiliaria». La risposta al quesito deve pertanto ritenersi positiva poiché la deroga è dettata con riferimento sia alle ipotesi di cui al co. 1 (che mancano dei requisiti di cui al co. 2, comuni montani al di sopra dei metri mille sul livello del mare) che alle stesse ipotesi di cui al co. 2 dell’articolo in esame. In conclusione la deroga di cui al co. 3 si applica a tutti i locali di abitazione di edifici situati nelle comunità montane, sottoposti agli interventi di cui al co. 3, indipendentemente dal possesso dei requisiti di cui al co. 2 della disposizione in esame.

    Modificabilità in peius della disciplina delle distanze minime tra edifici, prevista dal  codice civile

    Sono possibili modifiche migliorative, sul presupposto della conformità degli strumenti di pianificazione urbanistica alla disciplina regolamentare comunale e legislativa (cfr. art. 873 c.c. Distanze nelle costruzioni)secondo il quale, le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore.

  2. Urbanistica - Rapporti con l’Ente
    Scomputo degli oneri di urbanizzazione
    La realizzazione diretta delle opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione: Il diritto allo scomputo degli oneri di urbanizzazione, da determinarsi e concordarsi nella concessione o in apposita convenzione non può eccedere l’importo stesso degli oneri. Si tratta, infatti, di una compensazione che sostituisce al contributo dovuto l’esecuzione diretta delle opere (da ultimo: Tar Lazio, Sez. II bis, 22 luglio 2003, n. 6570, in www.giustizia-amministrativa.it; Tar Veneto, Sez. I, 18 luglio 2003, n. 3809, ivi).

    Certificato catastale
    Diritto di proprietà: irrilevanza probatoria dei certificati catastali

    Sportello catastale: accesso visure di terzi

    La visura catastale consente la consultazione di atti e documenti catastali (nell’ipotesi di atti informatizzati consiste nel rilascio di una copia in carta libera delle risultanze della banca dati). La visura catastale consente in particolare di acquisire i dati identificativi e reddituali di beni immobili (terreni e fabbricati) o di verificare se una determinata persona (fisica o giuridica) risulti intestataria di beni immobili o ancora di consultare la mappa e gli atti di aggiornamento catastale. Gli elementi resi noti sono in modo specifico il Comune del luogo di ubicazione del bene, foglio-mappale-subalterno; il tipo di immobile (terreno o fabbricato), la quota di possesso. E’ necessario precisare che la consultazione delle planimetrie delle unità immobiliari urbane (atti strumentali per l’accertamento delle unità immobiliari urbane) è riservata unicamente agli aventi diritto oppure a soggetti terzi muniti di apposita delega. L’Agenzia del Territorio (ente pubblico dotato di personalità giuridica e ampia autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria nato nell’ambito della riforma del Ministero dell’Economia e delle Finanze ed operativo dal 1 gennaio 2001) ha emanato sul punto la circolare 25 novembre 2003 n. 9, contenente l’elenco dei soggetti che possono ottenere visure e copie delle planimetrie delle unità immobiliari, nonché le modalità di consultazione e rilascio delle medesime. Tali soggetti sono: uno dei titolari dei diritti che gravano sull’immobile identificato con un valido documento di riconoscimento, soggetto delegato, identificato anch’esso con un documento di riconoscimento, da uno dei titolari dei diritti sull’immobile, coniuge o parente non oltre il quarto grado di uno dei titolari di diritti sull’immobile; un professionista iscritto agli albi professionali che consentono la presentazione di atti tecnici di aggiornamento del Ceu, previa dimostrazione di autorizzazione, notaio che abbia il compito di stipulare atti relativi ai beni immobili.

  3. Urbanistica - Espropriazione per pubblica utilità
    Espropriazione di una centrale idroelettrica
    L’espropriazione di un immobile per la realizzazione di un’opera pubblica è subordinata al ricorrere delle condizioni previste dal d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, art. 8, fra cui la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera stessa. La qualificabilità di una centrale termoelettrica come opera di pubblica utilità è stata sostenuta dal Consiglio di Stato (cfr. Cons. St., sez. IV, 27 giugno 2001 n. 3847, in www.giustizia-amministrativa.it), secondo cui «la qualificazione di pubblico interesse o di pubblica utilità è riferita testualmente all’utilizzazione di fonti di energia» (art. 1, co. 4, l. 9 gennaio 1991 n.10) e deve essere interpretata in senso ampio, fino a ricomprendere «tutte le opere e i processi che concorrono a convertire in energia le fonti indicate nel terzo comma della disposizione in esame».

    Realizzazione opere in assenza del decreto di esproprio
    Qualora l’Amministrazione utilizzi indebitamente il bene altrui (in assenza di valido ed efficace provvedimento espropriativo) essa avrà due sole alternative: 1) procedere alla restituzione del bene all’avente diritto; 2) esercitare il proprio potere-dovere di acquisizione del bene al suo patrimonio indisponibile. L’art. 43 del d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, attribuisce all’Amministrazione, previa valutazione (discrezionale e sindacabile in sede giurisdizionale) degli interessi in conflitto, il potere di emanare un atto di acquisizione (al suo patrimonio indisponibile) di un bene immobile utilizzato (e modificato materialmente) per scopi di interesse pubblico. La disposizione in esame si riferisce all’utilizzo di un bene immobile che venga modificato (e non radicalmente trasformato) in assenza di valido ed efficace titolo che abiliti in tal senso il soggetto pubblico (realizzazione di un’opera in assenza di valido ed efficace decreto di esproprio o dichiarativo di pubblica utilità o, ancora, nell’ipotesi di annullamento dell’atto dal quale sia sorto il vincolo preordinato all’esproprio, della dichiarazione di pubblica utilità o del decreto di esproprio). L’atto di acquisizione è finalizzato a restituire legalità ad un’azione amministrativa che sino a tale momento non sia rimasta nei binari tracciati dalla legge” e pertanto deve essere emanato solo dall’autorità utilizzatrice (Cfr in dottrina De Marzo, Commento all’art. 43 del TU in materia di espropriazioni per pubblica utilità, in L’espropriazione per pubblica utilità, 629). L’atto di acquisizione deve contenere il richiamo alle circostanze che hanno indotto la P.A. ad utilizzare indebitamente l’area privata (la motivazione della mancata restituzione deve essere ragionevole e di buon senso), l’indicazione della data (che rileva ai fini della determinazione degli interessi moratori dovuti in base al disposto di cui al co. 6, lett. b) dalla quale tale indebita utilizzazione si è verificata, nonché la misura del risarcimento del danno al privato e disporne il pagamento entro 30 giorni. Nell’ipotesi di violazione di tale termine l’amministrazione sarà tenuta al pagamento degli interessi legali; inoltre la determinazione della somma da parte dell’Amministrazione non è vincolante per il privato che può riscuotere la somma senza pregiudizio per l’azione già proposta innanzi al Giudice amministrativo, o agire per la prima volta per ottenere la differenza in sede di acquisizione (dopo che l’Amministrazione abbia già determinato l’importo). Il provvedimento di acquisizione determina il passaggio del diritto di proprietà senza che occorrano altre formalità. Nel caso di impugnazione del provvedimento impositivo del vincolo o dichiarativo della pubblica utilità o del decreto di esproprio o del provvedimento di acquisizione oppure ancora qualora il privato eserciti un’azione volta alla restituzione del bene utilizzato per motivi di interesse pubblico, l’amministrazione può chiedere al Giudice amministrativo di disporre, nell’ipotesi di fondatezza del ricorso o della domanda, la condanna al risarcimento del danno con esclusione della restituzione del bene, senza limiti di tempo (per ottenere una sentenza che dichiari l’assenza del obbligo giuridico di procedere alla restituzione del bene in relazione alla sussistenza di superiori ragioni di interesse pubblico). (Cfr. L. Maruotti, Commento all’art. 43 del TU in materia di espropriazioni per pubblica utilità, in L’espropriazione per pubblica utilità, 532 e ss.; A. Saturno, Commento all’art. 43 del TU in materia di espropriazioni per pubblica utilità, in A. Saturno, P. Stanzione (a cura di), L’espropriazione per pubblica utilità, 402 e ss.).

    Scavi per la realizzazione di recinzione con possibile invasione di strada pubblica
    Richiesta di verifica della documentazione attestante un pregresso esproprio ed acquisto della qualità pubblica dell’area poi invasa - Eventuale accessione invertita

    Notifica del decreto di esproprio

    La disciplina relativa al decreto di esproprio è contenuta nell’art. 23 del  d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità. Con riferimento alla notifica si dispone che essa venga effettuata nelle forme degli atti processuali civili almeno sette giorni prima dell’esecuzione del decreto. Contestualmente alla medesima deve essere altresì notificato al proprietario un avviso contenente l’indicazione del luogo, del giorno, dell’ora in cui è prevista l’esecuzione del decreto. La notifica tuttavia può avvenire contestualmente all’esecuzione del decreto  (art. 23, co. 3). In tale ultima ipotesi l’opposizione del proprietario può comportare, qualora il responsabile del procedimento lo ritenga opportuno, il differimento di dieci giorni delle operazioni di immissione nel possesso. Inoltre, sempre nel caso di notifica contestuale all’esecuzione si ritiene che il responsabile del procedimento debba consegnare al proprietario, prima di procedere alla redazione del verbale di immissione nel possesso, l’originale o la copia autentica del decreto di esproprio (L. Olivieri, Commento al Testo unico in materia di espropriazione per pubblica utilità, Rimini, 160). Il decreto dispone il passaggio del diritto di proprietà «sotto condizione sospensiva che il medesimo sia successivamente notificato ed eseguito (con l’immissione in possesso del beneficiario e la redazione del verbale)». Nel caso in cui il proprietario o un terzo interessato si oppongano alla notifica contestuale all’esecuzione, il Responsabile del procedimento dovrà dare atto di tale opposizione nel verbale di notifica. Il decreto deve poi essere trascritto, senza indugio, presso l’Ufficio dei registri immobiliari (L. Maruotti, Commento all’art. 43 del TU in materia di espropriazioni per pubblica utilità, in L’espropriazione per pubblica utilità, 286). Occorre ancora precisare che il decreto di esproprio deve essere notificato, a cura dell’espropriante, ai proprietari effettivi, ancorchè il bene risulti catastalmente intestato ad altri; infatti nelle ipotesi in cui si accertino trasferimenti occorre notificare il decreto ai proprietari attuali. Parte della dottrina sostiene che sia onere  del soggetto espropriante procedere alla verifica della coincidenza tra l’effettivo proprietario ed il soggetto che risulta tale ai registri catastali, con l’ulteriore precisazione che nell’ipotesi in cui il bene appartenga a più proprietari, il decreto di esproprio andrà notificato a ciascuno di essi (A. Musio, in A. Saturno, P. Stanzione, L’espropriazione per pubblica utilità, Milano, 2002).

    Regime fiscale alle indennità di espropriazione

    Per il caso esaminato trova applicazione l’art. 81, co. 1, lettera b), ultima parte, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato col d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917: «qualora sia corrisposta a chi non eserciti una impresa commerciale una somma a titolo di indennità di esproprio, ovvero di corrispettivo di cessione volontaria o di risarcimento del danno per acquisizione coattiva, di un terreno ove sia stata realizzata un’opera pubblica, un intervento di edilizia residenziale pubblica o una infrastruttura urbana all’interno delle zone omogenee di tipo A, B, C e D, come definite dagli strumenti urbanistici (L). Il soggetto che corrisponde la somma opera la ritenuta nella misura del venti per cento, a titolo di imposta. Con la dichiarazione dei redditi, il contribuente può optare per la tassazione ordinaria, col computo della ritenuta a titolo di acconto (L). Le disposizioni del comma 2 si applicano anche quando il pagamento avvenga a seguito di un pignoramento presso terzi e della conseguente ordinanza di assegnazione (L). Le modalità di adempimento degli obblighi previsti nei commi precedenti sono disciplinate con regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze (L). Si applica l’articolo 28, secondo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, per il versamento della ritenuta, per gli obblighi della dichiarazione e per le sanzioni da irrogare (L). Gli interessi percepiti per il ritardato pagamento della somma di cui al comma 1 e l’indennità di occupazione costituiscono reddito imponibile e concorrono alla formazione dei redditi diversi (L)».

  4. Edilizia - Limiti allo jus aedificandi
    Autorizzazioni in sanatoria di abusi edilizi
    In quanto res iudicata la sentenza di condanna penale, con la sanzione accessoria di demolizione, pronunciata ai danni del proprietario di un’opera abusiva presenta carattere esecutivo, con conseguente applicazione degli artt. 655 c.p.p. e sg., in tema di esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali. Per giustificare un’eventuale sospensione della demolizione prevista dal d. l. 30 settembre 2003, n. 269, Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici, convertito dalla l. 24 novembre 2003, n. 326, art. 32, che a propria volta richiama l’art. 44 della l. 28 febbraio 1985 n. 47, non può essere ritenuta sufficiente la pendenza del ricorso al TAR contro il diniego amministrativo di sanatoria edilizia (Cass., Sez. III, 29 maggio 2001, in cd-Rom Foro it., che aggiunge come non sia sufficiente ai fini sospensivi una «mera possibilità del tutto ipotetica che si potrebbe verificare in un futuro lontano o comunque entro un tempo non prevedibile»). In merito alla necessità di dare corso all’ordine di demolizione ed alla competenza relativa la giurisprudenza ha stabilito che: a) l’ordine di demolizione delle opere abusive impartito dal giudice penale in sentenza di condanna per violazioni alla normativa urbanistico–edilizia non deve essere eseguito dalla Pubblica amministrazione ma, al contrario, la caratterizzazione che tale provvedimento riceve dalla sede in cui viene adottato conferma la giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria riguardo alla pratica esecuzione dello stesso; b) non essendo neppure ipotizzabile che l’esecuzione di un provvedimento adottato dal giudice venga affidata alla Pubblica amministrazione salvo che la legge non disponga altrimenti in modo espresso, gli atti relativi devono essere trasmessi dal giudicante al Pm in sede affinché, in caso di omessa attuazione spontanea da parte del prevenuto, provveda all’esecuzione degli ordini medesimi a cura del proprio ufficio, eventualmente avvalendosi della forza pubblica; c) l’organo promotore dell’esecuzione va dunque identificato nel Pubblico ministero, con connessa parallela funzione del giudice dell’esecuzione per quanto di specifica competenza; le spese della procedura sono a carico del condannato inadempiente ed a tal fine la cancelleria del giudice dell’esecuzione deve provvedere al recupero relativo previa eventuale garanzia reale a seguito di sequestro conservativo imposto su beni dell’esecutato (Cass. Pen., Sez. III, 9 aprile 1999, n. 758, in cd-Rom Foro it.; Cass. Pen., S.U.,19 giugno 1996, n. 15, in cd-Rom Foro it.).

    Condono edilizio: tipologie di illecito

    Secondo quanto disposto dall’art 32, co. 32, d. l. 30 settembre 2003 n. 269, Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici, in materia di condono edilizio, «la domanda relativa alla definizione dell’illecito edilizio, con l’attestazione del pagamento dell’oblazione e dell’anticipazione degli oneri concessori, e’ presentata al comune competente, a pena di decadenza, entro il 31 marzo 2004, unitamente alla dichiarazione di cui al modello allegato e alla documentazione di cui al comma 35». Nell’Allegato 1 dello stesso decreto sono indicate le diverse categorie per la classificazione delle opere abusive suscettibili di sanatoria.

    Autorizzazione per interventi su bene culturale per abbattimento barriere architettoniche

    Pare potersi ritenere che il lavoro che si intende effettuare sull’immobile, ovvero l’installazione sul prospetto esterno dell’edificio di una piattaforma elevatrice per il superamento delle barriere architettoniche (cfr. d.P.R. 24 luglio 1996 n. 503, Regolamento recante norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici ed in particolare si vedano artt. 1, co. 7 e 19), non sia riconducibile ad alcuna delle categorie di lavori per le quali l’art. 21, co. 1, del d. lgs. 22 gennaio 2004  n. 42, dispone l’autorizzazione ministeriale. Pare, tuttavia, possibile includere il lavoro in esame nella previsione «residuale» di cui all’art. 21, co. 4, del d. lgs. n. 42 del 2004, cit., il quale subordina lo svolgimento di qualsiasi lavoro su beni culturali all’autorizzazione del soprintendente. Nel caso di specie, la prima questione di rilievo è costituita dalla possibilità di ricondurre l’intervento in oggetto nell’ambito dell’attività conservativa del bene culturale, così come definita dagli artt. 29 e 30 del d. lgs. n. 42 del 2004, cit.. Ove fosse così inteso il lavoro in oggetto dovrebbe ricondursi alla categoria della “manutenzione” intesa come attività destinata al mantenimento dell’«efficienza funzionale» del bene. Ciò premesso, occorre tuttavia procedere all’ulteriore verifica del carattere volontario (A) o imposto (B) dell’intervento che il Comune intende realizzare. A) Ove, infatti, l’intervento fosse volontario, il Comune, unitamente all’autorizzazione del soprintendente, dovrebbe richiedere, altresì, l’ammissibilità dell’intervento ai contributi statali previsti dagli articoli 35 e 37  del d. lgs. n. 42 del 2004, cit. B) Al contrario, ove l’intervento fosse imposto, troverebbero applicazione l’art. 34 del d. lgs. n. 42 del 2004, cit. Nel caso in esame la natura dell’intervento in oggetto induce ad optare per la seconda ipotesi prospettata. Demolizione opere abusive
    Le diverse tipologie di opere abusive suscettibili di sanatoria, ai sensi della l. 24 novembre 2003 n. 326, Conversione in legge del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici che disciplina la materia del condono, sono espressamente indicate nell’allegato 1, art. 1 di detta legge. Secondo i rinvii realizzati dal legislatore in tale articolo, al fine di individuare una definizione appropriata delle diverse categorie ivi indicate, occorre far riferimento alla disciplina disposta dal d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, con particolare attenzione a quanto disposto in materia di «ristrutturazione» e di «nuova costruzione». Da quanto indicato dal legislatore, la ristrutturazione del sottotetto, con trasformazione della destinazione d’uso, sembra rientrare nella categoria della ristrutturazione: ne consegue quindi che ai fini del pagamento degli oneri contributivi per il condono, si ricade nella tipologia di abuso edilizio n. 3.

  5. Edilizia - Edilizia residenziale pubblica
    Normativa applicabile in materia di realizzazione di opere di edilizia sul territorio comunale
    D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, artt. 7 e 23.

    Legittimità clausole relative all’assegnazione in locazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica

    In primo luogo pare potersi rilevare l’unicità del fine delle clausole indicate nel quesito, dal momento che con esse l’amministrazione banditrice intende procedere all’assegnazione degli alloggi prendendo in considerazione le esigenze abitative di ogni singolo nucleo familiare. Dunque, tale finalità pare perseguibile tramite l’inclusione nel bando della seconda clausola indicata (non può essere assegnato un alloggio con un numero di vani abitabili, come definiti all’art. 3, comma 1, lettera d), superiore al numero dei componenti il nucleo familiare), la quale ricalca il contenuto della l. r.. 28 marzo 1995 n. 46, Nuove norme per le assegnazioni e per la determinazione dei canoni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, art. 14, co. 9. La prescrizione in esame impedisce, infatti, l’assegnazione di un alloggio con un numero di vani superiore al numero dei componenti del nucleo familiare («è illegittimo e deve, pertanto, essere annullato l’atto di assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica, composto di cinque vani abitabili, ad un nucleo familiare di tre persone, in quanto l’articolo unico della l. reg. Toscana 1 aprile 1985, n. 30, prevede che non può essere assegnato un alloggio con un numero di vani abitabili superiore al numero dei componenti del nucleo familiare dell’assegnatario aumentato di uno»: Tar Toscana 28 marzo 1988 n. 457, in www.giustizia-amministrativa.it). In merito alla prima clausola indicata, al fine di evitare ripetizioni ed espressioni poco chiare nel bando, pare consigliabile la seguente formulazione: «gli alloggi sono assegnati secondo l’ordine stabilito nella graduatoria definitiva considerando il rapporto tra il numero di vani abitabili degli alloggi ed il  numero dei componenti dei nuclei familiari secondo quanto previsto dall’art. 14, co. 9 della l.r. 28 marzo 1995 n. 46».

    Applicazione IVA agevolata al 20% in ipotesi di asili

    D.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1035, art. 1, co. 2; l. 24 dicembre 1993 n. 560, art. 1. Poiché nel concetto di edilizia residenziale pubblica rientrano le unità immobiliari caratterizzate dalla stabile residenzialità costituite da abitazioni e da edifici destinati a stabili residenze per collettività (orfanotrofi, ospizi, brefotrofi), fatti costruire direttamente dallo Stato o da enti pubblici ai quali, in virtù di leggi in forza di propri atti costitutivi, sia stata demandata la costruzione degli stessi, non è possibile ricomprendervi altri edifici, come per altro già affermato con circolare n. 141/E del 9 agosto 1994, che, anche se assimilati alle case di abitazione dalla l. 19 luglio 1961 n. 659, non sono connotati dal predetto carattere della stabile residenza (scuole, asili, colonie climatiche, ospedali, caserme).

  6. Edilizia - Sicurezza
    Misure antincendio per le elisuperfici
    Decreto Min. Infrastrutture e Trasporti, 8 agosto 2003; Decr. Min. Interno, 2 aprile 1990 n. 121; Tar Sicilia, sent. 15 giugno 1999 n. 1153, in www.giustizia-amministrativa.it. In materia di Elisuperfici occasionali va esclusa l’applicazione della disciplina in materia di misure antincendio complessivamente prevista dal Decr. Min. Interno, 2 aprile 1990 n 121. 

    Classificazione sismica del territorio nazionale e norme tecniche per le costruzioni in zona sismica

    Presidenza del Consiglio dei Ministri, ordinanza 20 marzo 2003, n. 3274, art. 2, co. 2, Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica;Presidenza del Consiglio dei Ministri, ordinanza 2 ottobre 2003, n. 3316, recante modifiche ed integrazioni all’ordinanza del Presidente del Consiglio deei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003;Presidenza del Consiglio dei Ministri, ordinanza 5 novembre 2004, n. 3379, art.6., Disposizioni urgenti in materia di protezione civile.

    Documento programmatico sicurezza dati sensibili

    Il DPS (Documento Programmatico sulla Sicurezza) deve essere adottato dal titolare di un trattamento di dati sensibili o giudiziari effettuato con strumenti elettronici, attraverso l’organo, ufficio o persona fisica a ciò legittimata in base all’ordinamento aziendale o della pubblica amministrazione interessata (art. 34, co. 1, lett. g), del Codice privacy, regola 19 dell’Allegato B). Il DPS deve essere predisposto (o aggiornato) entro il 31 dicembre 2005. A partire dal 2006, il termine per aggiornare annualmente il DPS sarà il 31 marzo (regola tecnica n. 19 dell’allegato B) al Codice).

    Documento programmatico sicurezza e allegazione al Bilancio

    Gli Enti locali, in collaborazione con il Garante, hanno elaborato uno schema tipo di Regolamento per il trattamento dei dati sensibili e giudiziari che, dopo il parere positivo dell’Autorità, costituirà lo schema tipo al quale Comuni e Comunità montane dovranno far riferimento. Entro il 30 settembre i Comuni e gli altri Enti locali devono approvare un Regolamento che individui i tipi di dati trattati e le operazioni con essi eseguibili (art. 20 e art. 181, d. lgs. 30 giugno 2003 n. 196). Gli Enti locali potranno esprimere le proprie osservazioni entro il 15 giugno. Il Codice ha introdotto l’obbligo di riferire nella relazione di accompagnamento a ciascun bilancio di esercizio circa l’avvenuta redazione o aggiornamento del DPS che sia obbligatorio come misura “minima” o che sia stato comunque adottato (regola 26 Allegato B) (Cons. St., sez. I, 28 aprile 1999, n. 535/98, in www.giustizia-amministrativa.it; Tar Calabria, 7 dicembre 2000, n. 1577, ivi).


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